

IGLESIAS, VINCERE IL PRIMO MONDIALE DI KART A 33 ANNI E… RICOMINCIARE DA ZERO!

La vittoria iridata, nonostante l’innata velocità, gli era sfuggita molte volte in carriera e sembrava ormai quasi irraggiungibile. Eppure lui se l’è presa di forza, sorprendendo tutti, forse anche sé stesso e la sua squadra, la Formula K. Ma le sorprese sono proseguite anche dopo la vittoria, quando Jeremy, da fresco campione del mondo, ha deciso di ripartire da un foglio bianco, in un nuovo team. E, per la precisione, il team che più di tutti ha vinto in KZ, la CRG. Per una sfida nella sfida, che ci racconta in una intervista fiume
Perché Jeremy, con il suo Formula K motorizzato TM Racing, diventa per la prima volta campione del mondo. A 33 anni, sì. Quando nessuno ci avrebbe scommesso più un euro, sì. Come ha fatto, ce lo racconta in quella che più che un'intervista è un vero e proprio viaggio nella storia, nei ricordi, nelle emozioni di un ragazzo francese, educato, velocissimo e, ora, anche campione del mondo.
Sei campione del mondo! È cambiato qualcosa?
“Sì, in me è cambiato qualcosa. Avevo un sogno da bambino, che penso che ogni kartista voglia realizzare un giorno: diventare campione del mondo. Ci ho messo del tempo dopo la gara a realizzare che ce l’avevo fatta, ma oggi lo realizzo bene e sono molto contento e fiero di questo”. Parlando con Jeremy si capisce immediatamente quanto fosse necessario per lui raggiungere questo obiettivo, soprattutto nei primi anni da pilota ufficiale. È normale, però, che nell’arco di una lunga carriera come la sua le reali possibilità di vincere siano altalenanti e come lui stesso dice “mi sono ritrovato per qualche anno ad andare a fare quella gara sapendo già che sulla carta non avevo al 100% il mezzo per poter diventare campione del mondo”. Ma, come ricorda sempre Jeremy, “la ruota gira”, e dal 2015 le competitività torna: “A Le Mans, considerato che quell’anno avevo vinto pure l'ultima gara del campionato europeo a Genk, sono andato sapendo che avevo la possibilità di vincere il titolo”. Poi si sa, il motorsport non è una scienza esatta e Jeremy chiude 4°.
Sei campione del mondo! È cambiato qualcosa?
“Sì, in me è cambiato qualcosa. Avevo un sogno da bambino, che penso che ogni kartista voglia realizzare un giorno: diventare campione del mondo. Ci ho messo del tempo dopo la gara a realizzare che ce l’avevo fatta, ma oggi lo realizzo bene e sono molto contento e fiero di questo”. Parlando con Jeremy si capisce immediatamente quanto fosse necessario per lui raggiungere questo obiettivo, soprattutto nei primi anni da pilota ufficiale. È normale, però, che nell’arco di una lunga carriera come la sua le reali possibilità di vincere siano altalenanti e come lui stesso dice “mi sono ritrovato per qualche anno ad andare a fare quella gara sapendo già che sulla carta non avevo al 100% il mezzo per poter diventare campione del mondo”. Ma, come ricorda sempre Jeremy, “la ruota gira”, e dal 2015 le competitività torna: “A Le Mans, considerato che quell’anno avevo vinto pure l'ultima gara del campionato europeo a Genk, sono andato sapendo che avevo la possibilità di vincere il titolo”. Poi si sa, il motorsport non è una scienza esatta e Jeremy chiude 4°.
Il ragazzo realizza che è prioritario avere sotto il sedere un mezzo competitivo, quindi dal quel momento in poi “mi sono sempre concentrato per avere la possibilità di avere tra le mani tutte le opzioni per diventare un giorno campione del mondo”. Così nel 2017 Jeremy approda in IPK, inizia a correre con i colori Formula K e subito sembra esserci la condizione tecnica per vincere, ma un incidente lo mette fuori gioco. E arriviamo al 2020, Jeremy deve fare i conti con una promessa che si era fatto: “Io ho sempre detto che ‘a trentacinque anni smetto di correre’. Non per mancanza di voglia, ma perché penso che a un certo punto bisogna passare oltre”. Jeremy i conti li sa fare bene: ha trentatré anni e “forse di mondiali me ne rimangono tre - dice e continua, secco - ecco perché ho puntato tutto su questo mondiale”.
Ed è questo il punto. Jeremy ci dice una grande verità, una di quelle che nel motorsport, se vuoi vincere, prima o poi devi imparare e che lui, alla vigilia del mondiale, ha capito benissimo: “In una gara non è il più veloce che vince, ma il più forte”. Pensateci bene: “il più veloce” e “il più forte” non sono la stessa cosa. E pensateci ancora: a vincere, effettivamente, non è detto che sia sempre il più veloce, però è sicuro e certo che a vincere sia sempre e solo il più forte, a prescindere dall’essere il più veloce.
Sarà una banalità, ma è una regola del motorsport che bisogna sempre tenere presente. E il mondiale 2020 a Lonato Jeremy lo affronta con questo concetto che, per quanto semplice e banale, in realtà è stato un punto chiave nella sua vittoria: “Mi sono detto: ‘non devo mollare niente’”. E così è stato.
Sarà una banalità, ma è una regola del motorsport che bisogna sempre tenere presente. E il mondiale 2020 a Lonato Jeremy lo affronta con questo concetto che, per quanto semplice e banale, in realtà è stato un punto chiave nella sua vittoria: “Mi sono detto: ‘non devo mollare niente’”. E così è stato.
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