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TKART magazine Editoriale | La leggenda del kartodromo di Parma
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LA LEGGENDA
DEL KARTODROMO DI PARMA

TKART Staff
20 Gennaio 2018

Succede in ogni parte del Mondo, ovunque ci sia un uomo che ne sfida un altro o che lotta contro se stesso per inseguire un sogno. Succede dove una squadra si stringe in cerchio prima del via, nel cortile di una periferia come alla finale di Coppa del Mondo. Succede dove un bambino sprinta dalla porta di casa al box, o dove due auto lottano ruota a ruota nel GP decisivo.

Perché c’è un filo sottile che unisce tutti questi luoghi, fatto di sudore, fatica, fiato corto e cuori in gola. Un filo che lega ogni storia, e che conduce chi non dimentica il fascino di una passione fino nel luogo in cui questa si consacrerà. E sarà lì, allora, dove i fili del destino inesorabilmente si incrociano, che scatta la magia di una storia immortale.

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È un’alchimia strana, difficile da spiegare, fatta di tanti elementi che, nel tempo, ridefiniscono un semplice luogo trasformandolo in un “tempio”. Succede nelle strade di Montecarlo, una volta all’anno, quando incroci e marciapiedi diventano curve imparate a memoria, teatro irripetibile di imprese che lì, solo lì, valgono doppio. Succede quando dei guantoni incrociano i loro colpi sul ring del Madison Square Garden. Succede quando una pallina gialla rimbalza sull’erba di Wimbledon.
Ogni sport ha il suo luogo sacro, divenuto tale per le storie che vi sono state scritte, per i ricordi che non avranno, mai, altra dimora che quella, per gli uomini che lì hanno impresso con un fuoco invisibile il loro nome. E se la si vede così, non è una bestemmia pensare che anche questi luoghi possano avere una fine. Qualcuno dice che per inseguire il marketing si perde la poesia; ma forse, semplicemente, è anche questa una regola del gioco. Fra cent’anni, il moderno impianto che oggi pare tanto freddo sarà diventato a sua volta “tempio”. Altri uomini avranno scritto altre pagine di leggenda, altri miti avranno trovato nuove dimore. Oggi non si capisce. Oggi fa rabbia e malinconia, ma, a pensarci bene, anche il libro più bello avrà sempre bisogno di un’ultima pagina. Anche al film più premiato serve la scritta “the end” per scatenare l’applauso. Anche se fa male e, a volte, fa venir voglia di piangere. Come hanno fatto gli americani quando lo Yankee Stadium ha mandato in scena l’ultimo suo show. O come ha fatto chi, nel 2003, a Wembley, assisteva alla demolizione di un mito che il nuovo super-stadio che porta lo stesso nome non potrà mai far dimenticare.

Mezzo tracciato ancora c'è, tagliato dritto come dalla lama di un coltello. Da una parte i ricordi sbiaditi della storia. Dall'altra il via vai di un centro commerciale

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Parma, oggi, visto da Google Maps. Mezza pista si vede ancora, sull’altra metà è sorto un centro commerciale
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Alcune foto di quello che ancora rimane, oggi, del tracciato di Parma, tra erbacce, asfalto scrostato e il profumo della storia
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Alcune foto di quello che ancora rimane, oggi, del tracciato di Parma, tra erbacce, asfalto scrostato e il profumo della storia
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Alcune foto di quello che ancora rimane, oggi, del tracciato di Parma, tra erbacce, asfalto scrostato e il profumo della storia
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Alcune foto di quello che ancora rimane, oggi, del tracciato di Parma, tra erbacce, asfalto scrostato e il profumo della storia
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Alcune foto di quello che ancora rimane, oggi, del tracciato di Parma, tra erbacce, asfalto scrostato e il profumo della storia
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Alcune foto di quello che ancora rimane, oggi, del tracciato di Parma, tra erbacce, asfalto scrostato e il profumo della storia
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Alcune foto di quello che ancora rimane, oggi, del tracciato di Parma, tra erbacce, asfalto scrostato e il profumo della storia

E, certo, qualcuno ha pianto al Kartdromo di Parma, quando i kart si sono schierati per un’ultima volta e le ruspe hanno demolito quello che per il kart è, e rimarrà, un “tempio”.
La storia del Kartdromo di Parma inizia nel 1961. E già l’esordio è da leggenda. Perché all’inaugurazione intervennero anche i due attori Fernandel e Gino Cervi, che stavano girando poco lontano il film “Don Camillo e Peppone”. Il circuito misurava 450 metri ed era una sorta di club esclusivo per i “signorotti” dell’epoca. L’attività era principalmente serale, quando ci si trovava per scommettere e divertirsi, anche al di là della pista. “Io - ricorda il sig. Pellegrini, storico gestore dell’impianto - ero povero, ma riuscii a correre la prima gara sponsorizzato da una grossa ditta locale di pulizie. In quel modo entrai nel giro, anche se tutto era nelle mani dei ricchi proprietari. Capitava di arrivare la sera, assistere a qualche gara privata e poi, magari, prendere l’aereo e andare a bere il caffè a Roma. Oppure finire la serata al night e una volta usciti, alle tre di notte, andare a correre sulle curve della strada fuori città”.
Sarà per questo, ma la pista durò poco e presto venne dichiarato fallimento. Fu nel 1967 che, alla famiglia Pellegrini, si presentò l’occasione giusta. “All’epoca io lavoravo al Mulino Grassi, avevo tre figli, la moglie a casa e un papà anziano a cui badare. Mi proposero di gestire il bar all’interno dell’impianto: 50 mila lire al mese compresa l’illuminazione. Accettai.

Ripercorriamo un pezzo del tracciato di Parma. Così com'è oggi. Ricordando com'era un tempo.

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Silenzio quasi irreale, detriti, asfalto sconnesso. Ma le curve sono ancora quelle!
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